In Viaggio Verso Ovest (8)

Elvin vide un sinuoso manto rosso volteggiare nell’aria, leggero e silenzioso come un serpente nell’acqua.

Lo osservò meglio e notò che si trattava di una chioma purpurea; e non era una chioma qualunque, ma quella della bella ninfa del ruscello.

Lei era lì, davanti a lui, splendida come la Luna ma accecante come il Sole. La pelle candida come il latte sembrava brillare di luce propria, ma nonostante il dolore agli occhi non riusciva a staccare gli occhi da lei; e non intendeva farlo, perché altrimenti se ne sarebbe pentito amaramente da sveglio. Ogni secondo di quella stupenda visione valeva quanto un intero anno di feste e banchetti.

Sarebbe rimasto ad ammirarla tutta la notte, ma lei aveva altre intenzioni.

-Svegliati- disse con voce ammaliante, ma decisa -Devi svegliarti subito!-

Provò a protestare -Concedimi ancora qualche minuto, o regina dei sogni. Ti prego, solo qualche altro istante…-

-No. Devi svegliarti immediatamente. Fallo per me. Fallo ora!-

E, sebbene con il cuore pieno di dolore e le lacrime agli occhi, Elvin fece come gli era stato ordinato.

Si svegliò e aprì subito gli occhi, sperando di ritrovarsi nuovamente dinanzi alla meravigliosa ninfa dai rossi capelli, questa volta nel mondo reale; ma ciò che vide gli fece rizzare tutti i peli del corpo e gelare il sangue.

A pochi centimetri dal suo volto un grosso lupo dalla scura pelliccia lo osservava con i suoi feroci occhi gialli. La bocca era socchiusa e la belva mostrava ringhiando le zanne.

Fece appena in tempo a rotolare di lato che la mandibola della bestia si richiuse con uno scatto sonoro e violento proprio nel punto in cui poco prima si trovava la sua gola.

Elvin era terrorizzato, ma ebbe comunque il buon senso di approfittare dell’occasione per alzarsi e tirare un calcio al lupo e spingerlo sulle braci di ciò che rimaneva del fuoco.

La famelica creatura guaì per il dolore, svegliando all’istante Jigol.

-ALZATI! SIAMO IN PERICOLO!-

Non se lo fece ripetere due volte. Si mosse in fretta verso il suo zaino e raccolse l’arco e la faretra da terra. Incoccò la freccia e la scaglio contro il lupo, affondandola nella sua carne all’altezza del fianco destro.

Questi cominciò a ululare in preda al tormento, ma un’altra freccia indirizzata al cranio interruppe la sue sofferenze.

Elvin guardò l’amico stupito dal suo sangue freddo. Nel giro di una manciata di secondi si era alzato, aveva impugnato l’arco e poi aveva ucciso un lupo mentre lui era ancora nello stesso punto in cui era rotolato per sfuggire al morso della belva.

Stava per fargli i complimenti, quando entrambi udirono un altro ululato provenire dal bosco; e poi un altro e ancora un altro.

-Maledizione, si è portato dietro tutto il branco! Presto Elvin, raccogli la tua ascia!-

Non perse tempo ed impugnò la vecchia accetta di suo nonno pronto a vendere cara la pelle.

Non l’aveva mai usata se non per spaccare la legna, ma era certo non fosse troppo diverso da quello che stava per fare. Presto avrebbe dovuto ricredersi.

I sue amici si avvicinarono ai resti del fuoco, dandosi le spalle a vicenda. Non avevano esperienza in combattimenti, ma in quel momento sembrò loro la cosa più naturale da fare.

E fu una buona decisione perchè due lupi emersero dalle tenebre della Foresta da due direzioni opposte, come erano soliti fare quando accerchiavano le prede.

Non avevano mai affrontato degli uomini prima d’ora dal momento che raramente si avventuravano per quel sentiero, da quando era stato costruito il ponte vicino a Borgo Fresco, e dunque non si aspettavano una dura lotta. Questa fu una fortuna per i due ragazzi, poiché contro un branco di lupi ben organizzato non avrebbero potuto fare nulla.

Il primo si scagliò contro Jigol muovendosi in linea retta, cosa che gli permise di prendere la mira e colpirlo con una freccia dritto al petto. Nel frattempo il secondo fece lo stesso con Elvin, che si preparò a colpirlo al volo; ma sbagliò a calcolare il tempo e abbatté l’ascia sul nemico troppo presto, sfiorando il suo muso. Il lupo, percependo il pericolo, scartò di lato e tornò indietro per preparare un altro attacco. La seconda volta si mosse a zig-zag, rendendo più difficile per il ragazzo preparare il colpo non sapendo da che direzione lo avrebbe assalito. Decise di colpire a destra e, fortunatamente, fu proprio da lì che sopraggiunse il lupo. Affondò la sua ascia proprio sul muso della belva, fracassandogli il cranio.

Intanto altri tre lupi erano sopraggiunti e Jigol ne aveva abbattuto uno, ma l’altro gli si era gettato addosso mentre tendeva l’arco e ora era disteso su di lui con le zanne chiuse sul legno della sua arma, facendolo scricchiolare in maniera preoccupante.

-JIGOL!- cercò di dare manforte all’amico, ma la sua accetta era incastrata nella testa del lupo. Gli diede due strattoni, ma senza esito. Si aggiunse appena in tempo dell’arrivo del terzo lupo e fece un salto indietro, evitando il suo attacco. Era disarmato e il lupo sembrava essersene reso conto, perchè ora avanzava lentamente verso di lui.

Mentre Elvin indietreggiava, Jigol cercava di colpire il suo assalitore con delle gomitate, sempre senza mollare l’arco, unica barriera tra lui e le zanne della belva; ma il suo avversario sembrava non percepire i colpi.

Elvin si preparò a fronteggiare il suo nemico, ma sapeva di avere ben poche speranze senza armi e questo gli riempiva il cuore di paura.

Il lupo balzò verso di lui e, istintivamente, il ragazzo alzò il braccio per difendersi; le sue fauci si richiusero sull’avambraccio e, venendogli addosso con tutto il suo peso, lo fece cadere a terra. Una profonda fitta di dolore fece gridare con tutto il fiato che aveva nei polmoni Elvin; era disteso per terra con la bestia  sopra di lui e sentiva la sua morsa farsi sempre più forte ed i denti affondare nella carne sempre più a fondo.

Jigol gli gridava di resistere, ma era ancora alle prese con il suo avversario e non poteva aiutarlo. Il sangue colava copioso sul volto di Elvin; lo sentiva caldo sulla pelle e la paura crebbe in maniera esponenziale. Cercò di divincolarsi e scaglio qualche pugno sul fianco del lupo con il braccio destro, ma senza risultati. Allora cercò per terra qualche pietra, tastando alla cieca, e trovo qualcosa: un oggetto liscio, leggero e rotondo.

All’inizio non riuscì a capire cosa fosse, finché non lo avvicino agli occhi e vide, illuminata dalla luce delle braci, una scritta: fulmine in bottiglia.

Il suo cuore si riempì di gioia. Probabilmente la boccetta che gli aveva regalato l’alchimista era caduta dalle sue tasche durante il combattimento e ora aveva avuto la fortuna di ritrovarla al suo fianco.

Non perse altro tempo: alzò il braccio e con un grugnito schiantò l’ampolla sul muso del lupo, tenendo ben chiusi gli occhi.

Al momento dell’impatto la boccetta liberò un lampo di luce fortissimo e un boato che assordò temporaneamente il ragazzo e che terrorizzò il lupo a tal punto da fargli mollare la presa e rotolare all’indietro, guaendo e mugolando. Essendo accecato, non sapeva in che direzione andare e correva in cerchio a gran velocità.

Elvin si rialzò frastornato. Le orecchie gli fischiavano e dal braccio continuava a colargli sangue, ma non avvertiva più dolore a causa dell’adrenalina che gli scorreva a fiumi nel corpo.

Agì come mosso da istinto: si diresse a grandi passi verso il lupo che aveva abbattuto e, puntando il piede sulla sua testa e tirando con entrambe le mani, liberò l’accetta dalle carni. Poi, impugnandola stretta e saldamente, andò verso il lupo in preda al panico, la alzò sopra di sé e la abbattè sul nemico come un martello sull’incudine del fabbro. Gli tagliò la testa di netto e questa rotolò per qualche metro sul sottobosco mentre il corpo di divincolava in preda agli spasmi.

Nel frattempo Jigol, seppur stupito da quel lampo improvviso, aveva approfittato del momento di distrazione del suo nemico per mollare l’arco e afferrare il coltello da caccia infilato sulla cinta, per poi affondarlo nel collo del lupo fino all’impugnatura.

La creatura indietreggiò gorgogliando e inciampò, rimanendo distesa a sputare sangue sulle foglie. Sopraggiunse Elvin, freddo come il ghiaccio, che senza dire nulla mise fine alle sue sofferenze con un colpo della sua accetta.

Poi si sedette per terra,esausto, nel silenzio generale.

La battaglia era finita e i primi raggi del Sole spuntavano da Est.

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